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processione, il suo dolore diventò così acuto che perse i sensi, e cadde a terra senza vita, in deliquio. Isabella e Federico, che l accompagnavano, furono sopraffatti da un dolore quasi pari al suo. Soltanto Matilda sembrava indifferente alle proprie condizioni: ogni suo pensiero era d affetto per la madre. Dopo aver ordinato di fermare la barella, non appena Hippolita fu fatta rinvenire, Matilda chiese del padre. Egli si avvicinò, incapace di parlare. Matilda, afferrando la sua mano e quella della madre, le strinse tra le proprie e se le portò al cuore. Manfred non riuscì a sopportare quest atto di commovente pietà. Si gettò a terra, e maledisse il giorno in cui era nato. Isabella, timorosa che questo turbinare di passioni fosse più di quanto Matilda poteva sopportare, si incaricò di ordinare che Manfred venisse portato al suo appartamento, mentre faceva trasportare Matilda nella camera più vicina. Hippolita, poco più in sé della figlia, era incurante di tutto eccetto che di lei; ma quando Isabella, nella sua affettuosa premura, cercò di allontanare anche lei, mentre i medici esaminavano la ferita di Matilda, lei gridò: Allontanarmi? Mai! Mai! Vivevo solo per lei, e morirò con lei. Alla voce della madre, Matilda aprì gli occhi, ma li chiuse di nuovo senza parlare. Il polso sempre più debole, e la mano bagnata da un gelido sudore, dissiparono presto ogni speranza che potesse riprendersi. Teodoro seguì i medici nell altra stanza, e li sentì pronunciare la fatale sentenza sconvolto da un emozione uguale al delirio. Se non può essere mia da viva gridò, che almeno sia mia da morta! Padre! Jerome! Non volete unire le nostre mani? gridò al frate, che con il marchese aveva accompagnato i medici. Cosa intendi, con la tua folle avventatezza? È questo il momento per un matrimonio? Lo è, lo è gridò Teodoro; ahimè non ve ne sarà un altro! Giovane, sei troppo sconsiderato disse Federico; credi forse che in quest ora fatale vogliamo ascoltare i tuoi vaneggiamenti amorosi? Quali diritti pretendi di avere sulla principessa? Quelli di un principe disse Teodoro; del sovrano di Otranto. Questo reverendo, mio padre, mi ha detto chi sono. Tu vaneggi disse il marchese; non c è nessun principe di Otranto tranne me, ora che Manfred con il suo assassinio, con un sacrilego assassinio, ha perduto ogni diritto? Mio signore disse Jerome, assumendo un atteggiamento grave, egli dice la verità. Non era nei miei progetti divulgare così presto il segreto, ma il destino si affretta a compiere la sua opera. Quello che la sua avventata passione ha rivelato, lo conferma la mia voce. Sappiate, principe, che quando Alfonso si imbarcò per la Terra Santa... È questo il momento delle spiegazioni? gridò Teodoro. Padre, venite ad unirmi alla principessa: sarà mia... In tutto il resto vi obbedirò rispettosamente. Vita mia! Mia adorata Matilda! continuò Teodoro, precipitandosi di nuovo nella camera interna. Non sarete mia? Non benedirete il nostro.... Isabella gli fece cenno di tacere, rendendosi conto che la principessa era vicina alla fine. Come, è morta? gridò Teodoro. È possibile? La violenza delle sue esclamazioni fece rinvenire Matilda. Aprendo gli occhi si guardò intorno in cerca della madre: Vita dell anima mia! Sono qui gridò Hippolita. Non credere che possa lasciarti! Oh! Voi siete troppo buona disse Matilda, ma non piangete per me, madre mia! Sto andando dove il dolore non abita mai. Isabella, tu mi hai voluto bene; non vuoi sostituirmi nell affetto per questa cara, cara donna? Ahimè, svengo! Oh! Bambina mia! Bambina mia! disse Hippolita, in un fiume di lacrime. Non posso trattenerti un momento? Non è possibile disse Matilda. Raccomandatemi al Cielo. Dov è mio padre? Perdonatelo, carissima madre: perdonategli la mia morte; fu un errore. Oh! Avevo dimenticato... Madre carissima, io avevo giurato di non rivedere mai più Teodoro... Forse ciò ha attirato questa calamità... Ma non intendevo incontrarlo... Potete perdonarmi? Oh! Non ferire la mia anima disperata! disse Hippolita Tu non potresti mai offendermi. Ahimè, sviene! Aiuto! Aiuto! Volevo dire qualcos altro disse Matilda, sforzandosi di parlare, ma non potrò... Isabella... Teodoro... Per amor mio... Oh! E spirò. Isabella e le due damigelle allontanarono Hippolita con la forza da quelle spoglie; ma Teodoro minacciò di morte chiunque tentasse di portarla via. Egli impresse mille baci sulla sua mano fredda come il marmo, e pronunciò ogni espressione che il suo amore disperato potesse suggerirgli. Isabella, intanto, stava accompagnando l affitta Hippolita al suo appartamento; ma in cortile incontrarono Manfred, che, turbato dai suoi stessi pensieri, e ansioso di vedere ancora una volta la figlia, si stava dirigendo verso la camera dove ella giaceva. Dato che la Luna era ormai alta, egli lesse sui volti di questa triste processione l evento che temeva. Come! È morta? gridò follemente sconvolto. In quel momento il boato di un tuono scosse il castello fino alle fondamenta; la terra tremò, e si sentì nel sottofondo il clangore di un armatura che non poteva appartenere a un mortale. Federico e Jerome pensarono che fosse giunto il giorno del Giudizio. Il frate, trascinando con sé Teodoro, corse nel cortile. Nel momento in cui Teodoro appariva, alle spalle di Manfred le mura del castello caddero a opera di una forza immane, e la figura di Alfonso, dilatata fino a un immensa grandezza, apparve al centro delle rovine. Ecco Teodoro, il vero erede di Alfonso! disse la visione: e pronunciate queste parole, accompagnate dal boato di un tuono, ascese solennemente al Cielo, dove le nuvole, separandosi, rivelarono la figura di San Nicola, che accoglieva l ombra di Alfonso; quindi entrambi scomparvero agli occhi dei mortali in un fulgore di gloria. Gli spettatori caddero a terra prostrati, riconoscendo la volontà divina. La prima a rompere il silenzio fu Hippolita. Mio signore disse a Manfred, distrutto, osservate la vanità della gloria umana! Corrado è morto! Matilda non c è più! In Teodoro vediamo il vero principe di Otranto. Per quale miracolo lo sia, io non lo so: ci basti sapere che la nostra condanna è pronunciata! Cosa vogliamo, cosa possiamo fare, se non dedicare le poche ore di dolore che ci rimangono da vivere a implorare il Cielo di non adirarsi più? Il Cielo ci rifiuta... Dove possiamo fuggire, se non a quelle sante celle che
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